Grazie alla segnalazione dell’amica Fabrizia Mascolo, sono approdato questa mattina ad un articolo di Mario Calabresi pubblicato su La Stampa. L’occasione è utile per commentare l’articolo e aggiungere alcune riflessioni personali. La questione oggetto dell’articolo sono i recenti suicidi di imprenditori sofferenti per la crisi economica e il lavoro. Ovviamente la mia analisi è legata al tema della comunicazione e, per quanto il fenomeno sociale sia preoccupante, per certi verso lo è di più il modo in cui la comunicazione del fenomeno ci stia influenzando. Scrive Calabresi, innanzitutto:
La nostra paura del futuro aumenta ogni giorno, c’è una continua perdita di fiducia e di speranza e l’attenzione degli italiani è calamitata dalle notizie di chi si toglie la vita, le più lette in assoluto nelle ultime settimane. […]
Ma stiamo discutendo di un fenomeno davvero nuovo, che non conoscevamo prima, esploso soltanto negli ultimi tre mesi, o di qualcosa che per anni non abbiamo visto e abbiamo sottovalutato? I numeri sembrano dare ragione alla seconda ipotesi e ci dicono quanto la nostra percezione dei fatti possa cambiare influenzata dalle nostre ansie e dall’enfasi con cui le notizie vengono date sui mezzi di informazione.
Se guardiamo al 2010 […] scopriamo con spavento che ci sono stati 187 suicidi «per motivazioni economiche». Uno ogni due giorni, una frequenza maggiore di quella che abbiamo registrato dall’inizio dell’anno (nel 2012 i casi di questo tipo sembrerebbero essere una quarantina).
La prima cosa che mi colpisce è il silenzio che abbiamo dedicato a queste persone, li abbiamo lasciati andare via senza accorgercene, senza nemmeno saperlo, senza che nessuno si stringesse alle loro famiglie. Alcuni di loro forse hanno conquistato una notizia nelle pagine locali, per molti altri solo il silenzio della sepoltura.
Un dato di fatto, quindi, è che il numero di suicidi per «per motivazioni economiche» registrati nel 2010 siano stati maggiori di quelli di quest’anno, solo che… nessuno ne parlava e, di conseguenza, il fenomeno sembrava non esistere. Questo è un ottimo esempio di come attraverso le parole possa essere pesantemente influenzata la percezione del mondo di chi ascolta, soprattutto quando il contenuto del messaggio – e magari le immagini cruente che vi si accompagnano – portano un carico emozionale notevole. Continua Calabresi:
Tutta colpa dell’informazione, che prima ha sottovalutato e adesso gonfia? Ma se i suicidi non sono aumentati, allora cosa sta succedendo? La risposta, come quelle che sono davvero credibili, non si può racchiudere in una parola ma ha più motivazioni.
Ecco che cosa è cambiato: prima il suicidio, che è innanzitutto un dramma personale e familiare si teneva nascosto, c’era la vergogna di pubblicizzarlo, il dolore era muto e il silenzio totale. Perfino i giornali hanno sempre mostrato pudore.
Oggi, invece, chi sceglie questo gesto estremo e senza ritorno lasciando lettere di denuncia fa sentire la rabbia del proprio gesto, lo trasforma in un atto di accusa. (Prima motivazione)
Non entro nel merito della colpa, ma sicuramente chi informa, chi comunica e chi diffonde un messaggio ha una precisa responsabilità e dovrebbe chiedersi prima: quale risultato emotivo genererà la diffusione di questa notizia?
Ma soprattutto tutti noi siamo più attenti e ricettivi perché la crisi tocca tutti, almeno a livello di ansie e insicurezze, oggi è il malessere diffuso a fare da amplificatore. (Seconda motivazione)
Si tratta del fenomeno psicologico delle profezie autoavveranti: la nostra personale esperienza (cioè le nostre credenze, opinioni e pensieri più frequenti) influenza e amplifica le informazioni che riceviamo consciamente e quindi le future esperienze alle quali ci avvicineremo con più facilità. In altre parole la realtà che crediamo vera spesso non corrisponde a ciò che c’è la fuori!
Ecco come accade. La nostra mente inconscia riceve una miriade di informazioni, ma quelle che arrivano alla nostra coscienza sono solo quelle alle quali decidiamo di prestare attenzione o verso le quali veniamo condizionati a rivolgerci.
(Se ti chiedessi di prestare attenzione alla sensazione sotto la pianta dei tuoi piedi adesso… recupereresti una sensazione che già c’era, ma della quale non avevi consapevolezza!) Non c’è bisogno che sia io a dirvi come le notizie di crisi e di suicidi ci influenzino emotivamente e quante ulteriori preoccupazioni possano generare!
Se riceviamo continui stimoli che riguardano uno stato di crisi diventiamo più ricettivi a quel tipo di informazioni e cominciamo di conseguenza a vivere situazioni reali di crisi (catalizzate dalle preoccupazioni, dai pensieri e dal nervosistmo che ne deriva!) Qual è la via d’uscita? Essere consapevoli dei condizionamenti ai quali siamo sottoposti e modificarli in funzione delle esperienze che vogliamo vivere più frequentemente.
Non saremo certo in grado di risollevare da soli le sorti del mondo finanziario modificando una nostra convinzione, ma eviteremo di sprofondare nello stesso baratro, di essere noi stessi vittima di una comunicazione spietata (e a volte inconsapevole) e riusciremo – nel nostro piccolo – a vivere meglio.
(Se volete leggere l’articolo completo, eccolo: Il dramma dei suicidi oltre le cifre)