La maggior parte degli oggi maggiorenni sono stati educati attraverso la ripetizione di alcuni proverbi. Uno di quelli che maggiormente confligge con la mia esperienza (e con quella di molti che nella loro vita hanno realizzato grandi cose) è “non bisogna fare il passo più lungo della gamba“.
Quattro sono gli aspetti divertenti dei proverbi che mi piace evidenziare: (1) sono nati in un’altra epoca ma si perpetrano sino ad oggi, di padre in figlio, (2) vengono ripetuti e ripetuti sino ad insinuarsi nei meandri più profondi della nostra mente e del nostro inconscio, (3) raramente se ne conosce la vera origine e, (4) nella maggior parte dei casi, vengono tramandati in forma metaforica.
Puoi comprendere facilmente il loro profondo potere: quando meno te lo aspetteresti uno di loro ti torna in mente e spiega o giustifica una situazione, interrompendo il flusso dei pensieri o delle azioni.
Senza dubbio ogni proverbio – come ogni credenza o convinzione di un essere umano – porta con sé una buona ragione per cui si è creato e genera, sostiene o giustifica un’emozione vissuta.
“Gli antenati” che hanno diffuso l’idea che fare il passo più lungo della gamba non fosse saggio avevano, nella loro epoca, l’intento di proteggere chi era privo di alcune risorse dallo sbagliare inutilmente.
Ma in quali situazioni realmente questa idea è valida e quando invece la utilizziamo a sproposito?
Quanto possiamo considerare valido questo principio oggigiorno, a distanza di svariati secoli? (stiamo forse cercando di utilizzare il manuale di istruzioni di un Commodore 64 per utilizzare un Mac del secolo successivo?)
Siamo proprio sicuri, insomma, che quella buona ragione sia valida ancor oggi? o il proverbio in questione è diventato la giustificazione a limiti autoimposti che accettiamo e non mettiamo più in discussione?
No, non ce l’ho particolarmente con questo proverbio e non me la voglio realmente prendere con “gli antenati” per aver azzardato pensieri che hanno attraversato dannosamente i secoli.
Conosci la storia di Roger Bannister? Fu il primo essere umano a correre il miglio in meno di 4 minuti (nel 1954), quando emeriti fisici, medici e l’intera opinione pubblica era convinta che quel risultato non solo fosse pericoloso o difficile, ma addirittura impossibile da raggiungere per il fisico umano. Si racconta che Bannister applicò con costanza e rigore tecniche di visualizzazione mentale, oltre all’ovvia preparazione fisica, per convincersi che quel risultato fosse realmente possibile. Bannister, con la sua grande determinazione, riuscì a farcela.
L’aspetto più interessante della storia del Miglio in Meno di Quattro Minuti, tuttavia, sta nel fatto che solo 46 giorni dopo il raggiungimento di quel record, il rivale Landy riuscì a batterlo e a infrangere quella soglia psicologica a lungo accettata.
Molti corridori professionisti raggiunsero o migliorarono ulteriormente quel risultato nei dodici mesi successivi e pare che oggi quel risultato sia piuttosto comune fra persone ben allenate!
Come sarebbe cambiata la storia della corsa su medie distanze se Bannister non avesse impiegato tutte le sue risorse per raggiungere quel risultato e rendere per tutti “possibile l’impossibile”?
Quanto, quindi, una barriera psicologica può limitare le potenzialità fisiche e intellettuali dell’essere umano?
La psicologia chiama le convinzioni (o credenze dell’essere umano) Profezie Autoavveranti
E allora… al di là dei proverbi e delle “dicerie”, quanto i tuoi pensieri, le tue idee e soprattutto le tue certezze stanno limitando il tuo potenziale e le tue possibilità?
Forse non sai realmente quanto lungo può essere il passo che la tua gamba può compiere… ma se non ci credi e non tenti… non lo saprai mai! :-)
Niente di nuovo sotto il sole, chi mai tenterebbe di fare qualcosa che ritiene impossibile? Forse solo un “Pazzo” come Bannister :-)